Lumarzo, incendio nella notte nell'ex casa dell'assassino che decapitò lo zio per una banale lite

di Michele Varì

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Nella baita di Craviasco vive una coppia che l'ha acquistata dagli eredi della vittima. Il rogo spento prima dell'arrivo dei pompieri

Lumarzo, incendio nella notte nell'ex casa dell'assassino che decapitò lo zio per una banale lite

Un principio d'incendio nella notte, due squadre di pompieri che accorrono fra i sentieri della Valfontanabuona, nell'entroterra di Genova. Il rogo viene spento senza difficoltà dalla coppia che vive da pochi mesi nella casa.

Quella villetta in legno in stile baita adagiata nei boschi di Craviasco, nel comune di Lumarzo, però riporta alla mente il delitto più atroce commesso negli ultimi decenni a Genova: la decapitazione dell'infermiere Albano Crocco da parte del nipote Claudio Borgarelli, apparentemente un tranquillo infermiere come lo zio, che proprio per il morboso attaccamento a quella casa e al terreno circostante si è trasformato in un lucido killer capaca di uccidere con un fucile e poi decapitare il suo nemico. 


Era l'ottobre del 2016.

Borgarelli è stato poi incastrato dai carabinieri e condannato a trent'anni di galera, dove ha fra l'altro vinto un concorso letterario scrivendo un racconto ispirato ai "suoi" boschi, e forse anche al delitto.

Fra le sue rinunce per cercare di chiedere perdono ai familiari della vittima anche la cessione della villetta, poi messa in vendita dagli eredi e appunto acquistata dalla coppia, originaria di Genova che stanotte ha spento il principio di incendio scaturito pare dalla canna fumaria.
Stanotte i pompieri del distaccamento di Genova Est di Genova e di Chiavari giunti sul posto all'una e mezza di notte ignoravano del passato della casa, "siamo intervenuti nell'ultima villetta indipendente in legno dove finisce la strada..."
Già quell'ultima villetta dove Claudio Borgarelli aveva rilasciato un'intervista ostentando sicurezza prima del ritrovamento del cadavere ed essere incastrato dalle prove dei carabinieri della compagnia di Chiavari. Prove come intercettazioni ambientali nella sua auto e le immagini delle telecamere (nella foto) in cui si vede uscire di casa nascondendo sotto la giacca il machete usato per decapitare lo zio.