Toti (più Lupi), una sfida di coraggio. Però adesso servono i candidati giusti

di Giampiero Timossi

5 min, 43 sec
Toti (più Lupi), una sfida di coraggio. Però adesso servono i candidati giusti

W Italia. Se arriverà un nome per sancire l’alleanza elettorale e le liste che correranno anche nel proporzionale, forse questa potrebbe essere un’idea. Aspettando ‘W Italia’ (insistiamo), le ultime ore hanno sancito ufficialmente un paio di cose, che in realtà erano nell’aria da qualche tempo. Primo: Italia al Centro e il suo leader Giovanni Toti tornano (ma anche restano) nel centrodestra. Secondo: formalizzano l’alleanza con Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia (e fanno due, di Italia). Saranno “la stampella al centro” (cit.) di una coalizione che, nel trionfo sondaggistico di Giorgia Meloni, si mostra decisamente orientata a destra. Dunque, sempre stando ai primi sondaggi del dopo-Draghi, l’unico rischio che frenerebbe la corsa del centrodestra potrebbe arrivare dai tentennamenti degli elettori moderati. L’Italia in fondo è stata governata per almeno mezzo secolo dai moderati, l’ipotesi è quindi plausibile. 

Certo è che per correre al centro ci vuole coraggio e qui si arriva al terzo punto e al terzo personaggio, quest’ultimo ancora in cerca d’autore, Coraggio Italia di Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, imprenditore di successo e risorse, anche economiche. Si pensava che anche lui si unisse (formalmente) all’alleanza centrista, per il momento pare non sia così. Toti ripete così in conferenza stampa: “Questa è un’alleanza aperta, porte aperte a chi vorrà dare un contributo”. Stesso concetto ribadito più volte da Lupi. Poi, a domanda esplicita, Toti è altrettanto esplicito: “Brugnaro? Per lui le porte sarebbero spalancate”. Sliding Doors, ma ormai il sindaco di Venezia sembra davvero a un passo dall'alleanza con l'Udc di Lorenzo Cesa. Perché la prima campagna elettorale dell’estate italiana, con il voto fissato per il 25 settembre, ha tempi stretti, incertezze che da vette alpine devono scendere in poche ore sotto il livello del mare. E ha, inevitabilmente, strategie rivolte al risultato immediato, nell’impossibilità temporale di sviluppare un nuovo progetto politico più articolato. 

Prima del 20 luglio, giorno che di fatto ha sancito la fine della prima esperienza di governo di Mario Draghi, gli esponenti di Italia al Centro (non solo il leader indiscusso Toti) vedevano come una “grande opportunità” l’ipotesi di creare un centro che allargasse gli orizzonti e raccogliesse più voti tra i moderati. Il precipitare politico degli eventi ha chiuso spazi di trattativa, base fondamentale per ogni nuovo progetto politico. Il “bluff” di Azione e del suo leader Calenda, la decisione rapida di allearsi con il Pd, ha tolto margini agli altri centristi, isolando di fatto Italia Viva, che a oggi appare coraggiosamente decisa a correre da sola.

Toti che governa una regione strategica (almeno dal punto di vista degli umori politici del Paese), amministra la Liguria con il centrodestra e con il centrodestra doveva restare: non si può parlare di stabilità necessaria per poi mandare al voto la regione che si governa a un anno e mezzo dalla vittoria. E non si può mettere il bastone tra le ruote a un altro simbolo del centrodestra allargato e vincente, perché Marco Bucci a Genova è stato appena rieletto e di quella coalizione capace di fare il pieno di voti e consensi, Italia al Centro e tutti i “totiani” non sono certo elemento marginale. Dunque Toti ha fatto quello che, probabilmente, doveva fare. È rimasto nei confini della sua alleanza, ha scelto come compagno l’affidabile Maurizio Lupi, ha anche accettato che il simbolo Noi con l’Italia fosse al momento in alto, in una visione più accentuata (almeno dal punto di vista prospettico) rispetta a Italia al Centro e il suo bell’arancione tonalità Hermès.

Ora, aspettando magari che arrivi anche Coraggio Italia, che la terza forza si unisca sotto il nome di W Italia (insistiamo) e che Italia Viva e Matteo Renzi cambino idea (decisamente improbabile), non resta che giocare. Forse il voto del 25 settembre per i centristi non rappresenta più una “grande opportunità”, però pare chiaro quanto Toti e i suoi mostrino un grande coraggio. Una propensione alla sfida che in politica non sempre è qualità vincente, ma sicuramente apprezzabile. E poi c’è una certezza: nessuno è sicuro della vittoria, i sondaggi sembrano stra-favorire il centrodestra, ma il Pd appare più attivo di quanto (per esempio) non sia stato nelle ultime amministrative genovesi. E, almeno in Liguria, l’alleanza con Calenda (che propone addirittura la candidatura di Ariel Dello Strologo, dopo aver sostenuto il 12 giugno Marco Bucci), rende il centrosinistra competitivo.

Dunque le politiche del 25 settembre rappresentano per i collegi ridisegnati della nostra Regione una bella sfida. Toti, oltre a rivendicare così come Lupi, l’importanza dell’esperienza governativa di Mario Draghi, punta proprio sull’esperienza vincente della sua amministrazione ligure: “Il centrodestra non è solo la casa da cui proveniamo per cultura con cui tanto ho fatto in Liguria, ma è anche l’unica coalizione in grado di realizzare il programma che serve al Paese”. Equazione semplice: sappiamo governare la Liguria, sapremo governare l’Italia. E ancora: “Questa lista non nasce per i collegi dell’uninominale, ma per raggiungere il 3% e poi restare insieme nel prossimo Parlamento”.  Questa, Toti lo sa, è la grande sfida ed è probabilmente la cosa che più stuzzica il leader di Italia al Centro. Dei collegi uninominali (quelli sulla carte con più possibilità di successo) Italia al Centro e Noi con l’Italia ne avrebbero ottenuti quattro, dialogando in modo serrato con il centrodestra: due in Liguria, altrettanti nelle altre regioni. In ballo resta una quinta possibilità. Ma sarà sul (pur contestatissimo) proporzionale che l’alleanza si mette fortemente in gioco

Non sarà facile superare lo sbarramento del 3% (Calenda per i sondaggi è sopra di appena un soffio), sarà possibile sicuramente farlo in Liguria, molto e molto più difficile ottenere la stessa percentuale in regioni e collegi di peso superiore, quali Lombardia, Veneto o Sicilia. Per questo Toti deve scegliere benissimo i candidati, sia nel più “confortevole” uninominale, sia nel proporzionale. Per questo la sua giunta potrebbe dover far a meno di assessori di peso come Ilaria Cavo e Marco Scajola, quest’ultimo risultato candidato più votato alle regionali del 2020. Ai suoi il leader di Italia al Centro non avrebbe ancora anticipato un granché, spiegando invece la filosofia del momento: “Un ottimista vede le opportunità in ogni difficoltà”. È frase nota e sintetizzata del solito Winston Churchill. Ottimismo e coraggio, son partiti.