La navigazione alla deriva del centrosinistra in vista delle regionali

di Paolo Lingua

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La navigazione alla deriva del centrosinistra in vista delle regionali

Il naviglio del centrosinistra vaga alla deriva sul mare. Non si capisce dove abbia intenzione di approdare. Ma la sensazione diffusa è che lo schieramento stia buttando all’aria le poche possibilità che aveva di rovesciare in Regione il rapporto di potere. In politica non importa partecipare per lanciare slogan di dubbio effetto. L’importante è vincere e conquistare il controllo delle pubbliche amministrazioni. La candidatura di Ariel Dello Strologo aveva questo potenziale: raccogliere attorno a sé una forte tranche di opinione pubblica moderata, incerta  sul voto, per tentare di ribaltare il controllo sulla regione, nella prospettiva d’un potenziale serie di rivincite nei prossimi anni nei comuni dove il centrosinistra aveva ceduto alla morsa del centrodestra, non sempre omogeneo nei programmi ma durissimo a tenere strette le alleanze in sede elettorale.

Ma nel centrosinistra, anche per vecchi comportamenti storici, il “distingue” e il frazionismo sono più forti. Anche perché molte frange, soprattutto quelle più radicali (e per molti  aspetti anche il M5s), sovente si preferisce stare all’opposizione piuttosto che governare. Ma non basta: stanno emergendo tra i grillini e l’estrema sinistra, vecchie posizioni che sembrano in parte smorzate: no alle grandi opere, no alla Gronda, sogni ancorati alla cosiddetta “decrescita felice”. Una linea che si ritrova, anche in questi giorni di Stati Generali dell’Eco0onomia, non solo a Genova ma anche a livello nazionale.  

Tutto questo emerge nel momento in cui le varie anime del M5s riprendono fiato ed entrano in guerra tra di loro, ma in particolare nel momento in cui si fa strada - anche se non si capisce se la vicenda risponda o meno alla realtà -  la questione del presunto finanziamento venezuelano nei confronti del movimento grillino, nel 2010. La questione, per la quale si minacciano querele al quotidiano spagnolo che ha diffuso la notizia, si accavalla sulle sortite dei giorni scorsi di Di Battista e sulle reazioni , sia pure non omogenee, di Crimi, di Maio e di altri esponenti del movimento, compreso lo stesso Beppe Grillo. Non è che i contrasti nel partito e le voce sul finanziamento venezuelano siano direttamente in connessione con la situazione della Liguria, ma è certo che sono elementi di blocco, di contrasto e di ulteriore confusione.

Una condizione ricca di contraddizioni che si allarga attorno agli Stati Generali del governo, non particolarmente brillanti e convincenti. Inoltre, fatto non trascurabile, in questi giorni il Pd, in stato di evidente disagio, sembra prendere sempre di più posizioni autonome. E’ emersa anche una posizione ufficiosa di Zingaretti, silenzioso sono a pochi giorni fa, che ha ribadito che il Pd ligure deve essere considerato assolutamente autonomo nelle sue scelte e nelle sue strategie. Che cosa significa? Che Zingaretti comprende il “no” a Sansa che viene  da quasi tutti i vertici e dalla base del partito? La posizione è ovvia. Se i grillini hanno posto il veto alla candidatura di Ariel Dello Strologo è logica e accettabile la posizione di veto del Pd nei confronti del giornalista del Fatto Quotidiano. Siamo alla posizione dei giorni scorsi. E’ possibile un terzo nome o un quarto che metta tutti d’accordo?  

Difficile da capirsi e da prevedere. Si rischia di dividere gli schieramenti con candidati differenti? Anche questo è possibile anche se, a parole, tutti i vertici puntano a mantenere l’alleanza Pd – M5s che avrebbe anche l’appoggio dei partitini dell’estrema sinistra. Si accentua, salvo miracoli invece,  il distacco dei renziani e dei partitini moderati  (socialisti, Bonino ecc.) che non accettano Sansa. Il giornalista è stato duro nei loro confronti  per anni, così come è stato sempre polemico con il Pd e con i vertici del partito negli anni precedenti. Questo spiega la rivolta della base nei confronti della sua candidatura. Siamo sempre, in attesa di assemblee dei vertici politici locali e nazionali, in una posizione di stallo.