L’introvabile candidato sindaco del centrosinistra

di Paolo Lingua

3 min, 24 sec
L’introvabile candidato sindaco del centrosinistra

I possibili nomi si accendono e spengono come le luminarie sull’albero di Natale. L’ultimo è quello, in passato già acceso e subito spento, di Anna Maria Furlan, ex segretaria generale della Cisl. Nonostante dichiarazioni sussiegose e ottimistiche di dirigenti e di capicorrente, nell’area del centrosinistra non emerge un candidato sindaco per le elezioni della prossima primavera. Lo stallo è sempre quello di partenza. Tutti i sondaggi e tutte le previsioni danno per scontata la rielezione di Marco Bucci, per una serie di cause collegate. IN primo luogo Bucci si porta dietro - e sarà un successo che ormai è il simbolo della sua storia personale – la realizzazione a tempo di record della ricostruzione dell’ex Ponte Morandi, una esperienza che passa nella memoria collettiva come il “modello Genova”, anche se si tratta d’un modello che, ipocritamente, tutti lodano ma nessuno vuole riproporre altrove.

Resta la gloria di Bucci. Poi c’è l’accordo, anche a tutti i costi, del centrodestra e dei partiti del centro, che si presenteranno compatti sotto le bandiere del sindaco uscente, piaccia o non piaccia. Il centrodestra non si può permettersi il lusso d’un rottura o d’una sconfitta in uno dei maggiori comuni italiani.  Uniti costi quello che costi. E questa è stata sinora, anche nel resto dell’Italia (regioni e comuni), una mossa strategica vincente, una scelta che, per tornare al tema iniziale, il centrosinistra non è stato mai capace di imitare. I problemi della possibile coalizione sono sempre gli stessi: i partiti della sinistra storica non sono omologhi, a cominciare dal Pd e dal M5s, ma anche con i partitini dell’estrema sinistra, perché hanno una parte dei contenuti di programma differenti e poi perché hanno differenze metodologiche nella scelta dei candidati. Una situazione di differenze che si è accentuata, dopo le regionali, con l’entrata  in campo della “lista Sansa”, tutto sommato più vicina al ;M5s e all’estrema sinistra.

Il Pd punterebbe anche a possibili candidati di tradizione e di impegno politico, mentre gli altri vorrebbero sempre personaggi esterni con un passato non direttamente politicizzato. Ma c’è dell’altro in una realtà abbastanza complicata. I possibili candidati “di prestigio” che potrebbero tentare una sia pur difficile vittoria facendo leva sull’opinione pubblica non sono travolti dall’entusiasmo e non hanno voglia di rischiare una situazione personale professionale di prestigio (avvocati, primari, commercialisti, professori universitari e manager) per poi restare confinati cinque anni nel ruolo di consiglieri di opposizione. Per cui non resta che pescare nelle fila dei partiti e, in questo caso, del Pd che è lo schieramento che ha maggior forza e maggiore organizzazione. Ma all’interno del Pd non mancano dissapori, rivalità, giochi di corrente e distanze, già emerse alle regionali, dai vertici genovesi e liguri e quelli nazionali. A questo punto, mentre vengono lanciati e subito abbandonati dei nominativi, non resterà che attendere l’esito del voto per il Colle.

Anche se non ci sarà un rapporto diretto, si capirà meglio che cosa potrà succedere, come si muoveranno le alleanze e se si dovrà, ipotesi  poco gradita ma non da escludere, ricorrere alle elezioni politiche. Potremmo trovaci di fronte a un subbuglio di situazioni politiche strategiche e a complicati giochi di alleanze inattese. Tra l’altro in queste settimane non si è ancora riusciti a capire che cosa faranno  i renziani di Italia Viva dopo un possibile avvicinamento alle liste di Bucci e poi, sia pur a livello nazionale, con una potenziale alleanza con il movimento di Toti. Renzi si muove a zig zag, forse anche in funzione del potenziale voto per il Quirinale. Piccoli opportunismi? E’ possibile, ma resta il fatto che quasi nulla, in questo passaggio di fine d’anno, appare chiaro. Forse non è chiaro neppure ai protagonisti dell’attuale poliica.