Il pendolo politico tra riaperture e chiusure

di Paolo Lingua

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Il pendolo politico tra riaperture e chiusure

Il sistema adottato dall’Italia per contenere il contagio e puntare alla discesa del picco dell’infezione darà a quanto pare buoni risultati: e ci sono molti Paesi del mondo più civilizzato che lodano il “sistema Italia” e spingono i loro governi a imitarlo. Gli Stati Uniti e ora la Francia e molta parte dell’opinione pubblica della Germania. Al tempo stesso l’Italia è però sempre prigioniera di se stessa e di un governo che ha cercato (e ci è anche riuscito) a imporsi ma sempre oscillando e traballando tra le posizioni diverse degli enti locali e i contrasti – a volta sottotraccia – dei partiti che lo sostengono, ma anche con oscillazioni dell’opposizione.  L’Italia, si sa, è un Paese molto particolare dove è difficile blindare precise linee di azione. Cerchiamo di fissare le cose ancora chiare: siamo alla vigilia, a quanto pare, della conclusione del picco della diffusione del coronavirus. E meno male perché le nostra strutture sanitarie e sociali sono al limite del collasso. In questo contesto, in un clima che punta all’ottimismo, mentre, con saggezza, si annunciano altri quindici giorni di controllo assoluto e di chiusure dopo il 3 di aprile, emergono le prime voci che punterebbe a parziali riaperture. Si è capito che la Pasqua si farà in assoluta clausura. Una riapertura dei negozi di ogni genere, dei bar e dei ristoranti sarebbe un rischio troppo grosso. Sarebbe come favorire una ripresa dell’infezione. Ma c’è chi pensa a una ripresa della cosiddetta “normalità”   sia pure per gradi magari dai primi di maggio in poi. Le spinte vengono da due parti. C’è quella economica. Molti settori del commercio, dell’industria e dell’artigianato stanno soffrendo pesantemente le chiusure e il blocco di ogni attività e sperano in una ripresa nella prospettiva dell’estate e ritengono cche chiusure drastiche sino a giugnno possano compromettere in via definitiva molti settori. Poi ci sono i dubbi di alcune regioni del Sud, colpite solo di striscio dall’infezione che temono, proprio per il blocco economico, questioni gravi di ordine pubblico a causa dei tanti che lavorano solo “in nero” e che però possono essere strumentalizzati dalle mafie locali. Ne abbiamo già avuto qualche segno preoccupante.

Infine, per tornare alla politica romana, c’è la recente “sortita” di Matteo Renzi che punta a una riduzione, sia pure graduale, del rigore sinora adottato. Quale è l’obiettivo del leader di “Italia Viva” che il coronavirus ha reso più silente nel corso dell’ultimo mese? C’è certamente una ricerca di spazio politico approfittando d’una certa fragilità dell’alleanza di governo e forse anche il recupero d’una parte dell’opinione pubblica più collegata lla componente “moderata” vicina al mondo imprenditoriale piccolo e grande. Una tattica spregiudicata  tipica di Renzi. Ma è difficile capire quale sarà il sentiero che il governo di Giuseppe Conte imboccherà. Per adesso all’ungamento di quindici giorni del regime di stretto rigore è annunciato e quasi certo, ma non è stato ancora codificato in decreto. Lo si farà, ma ci sono tutte le ragioni per supporre che a questa proroga ne seguirà una seconda che ci porterà a scavalcare il giro di boa tra aprile e maggio. Qui i dubbi si fanno più fitti. In parte perché si spera che si realizzi il netto calo del virus (infezioni e deceduti), in parte perchè le preoccupazioni per la crisi dell’economia si addensano ogni giorno che passa. Ed è forte, come si la spinta a riprendere, con tutta la prudenza del caso, come si diceva poco prima, la vita economica e produttiva in maniera graduale, già sapendo che molti “piccoli” non riapriranno più. C’è pèerò un grave timore, conoscendo il temperamento degli italiani. Il graduale ritorno alla normalità non provocherà   eccessive manifestazioni di entusiasmo e quindi riunioni, feste e cene fuori luogo con il rischio di un ritorno del contagio? Questo è il timore maggiore. Ma a questo punto occorre una linea energica da parte del governo. E’ inutile tergiversare e decidere “ a rate” ogni quindici giorni, con una cautela paurosa. Meglio le idee chiare e andare diritti allo scopo. Ma in Italia non è mai stato facile.