I tempi e i modi (ancora vaghi) della vaccinazione

di Paolo Lingua

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I tempi e i modi (ancora vaghi) della vaccinazione

Quello che, per ora, sappiamo per certo è che il 27, festa di San Giovanni Evangelista, sarà il giorno del decollo europeo della somministrazione del vaccino, nel caso il Pfizer l’unico per ora pronto e, pare, accolto dai vertici sanitari. Sarà, come è ovvio, un decollo simbolico. Poi, nel corso del mese di gennaio, cominceranno a essere vaccinati medici, assistenti sanitari, addetti agli ospedali e tutti coloro che hanno in qualche modo contatto con ammalati e ricoverati. Poi si passerà al personale e ai ricoverati delle RSA, strutture che sono al massimo del rischio per la fragilità e l’età avanzata degli ospiti. Si andrà avanti sino a febbraio perché la prima fornitura della Pfizer è al di sotto delle 100 mila dosi, senza contare che, a quanto parre, la vaccinazione dovrà essere ripetuta. Poi, sempre secondo la linea strategica annunciata dal governo, si passerà ai cittadini al sopra degli 80 anni, ovvero la fascia di età che ha fatto segnare il maggior numero di decessi. Poi si passerà a chi ha più di 60 anni. E così via, con modalità e disposizioni ancora da chiarire perché non si sa ancora con quale ritmo e con quali proporzioni avverrà il rifornimento del medicinale. Tra l’altro si annuncia, al più tardi ai primi di febbraio anche la disponibilità del vaccino prodotto dal gruppo “moderna” e, al di là di altri farmaci dello stesso genere, si annuncia che per il prossimo giugno sarà disponibile anche il vaccino prodotto dalla Rei-Thera insieme all’istituto Spallanzani di Roma. Avremo dunque anche il vaccino “italiano” che sembra, a detta di molti esperti un prodotto di alta qualità, ma ancora in via di sperimentazione.

Il problema, al di à degli spot sul decollo dei prossimi giorni, riguarda, come si è detto, l’aspetto organizzativo e distributivo e in particolare le responsabilità dell’applicazione. Ospedali, centri specializzati o nuove localizzazioni distribuite (ma non ancora) sul territorio, dubbi sull’utilizzo dei medici di base , per non parlare della complessità di conservazione del vaccino Pfizer che deve restare a - 70°: sono alcuni dei problemi (fondamentali) che ancora non vedono una immediata risoluzione così come occorre capire come e quando i cittadini saranno chiamati a vaccinarsi, anche se, come si è detto, il sottoporsi alla terapia non è obbligatorio per legge, eccetto che per i sanitari. Ci attendono, se non vistose percentuali di “no-vax”, minoranze fanatiche sempre presenti, però forse di esitazione e di dubbio d’una parte più consistente della popolazione. E qui, quasi certamente, sarebbe utile che i sanitari-scienziati di più alto prestigio compiano, accanto a chi opera a livello governativo, un’azione vigorosa di convincimento nei confronti dell’opinione pubblica che sovente è frastornata non solo da fake news ma anche da notizie confuse e contraddittorie. Qualche problema e dubbi sono stati provocati dalla notizia e da tutte le conseguenze della scoperta della modificazione del virus in Inghilterra, anche se, scienziati ed esperti stanno rassicurando tutti: il vaccino non dovrebbe creare assolutamente complicanze, perché la variabile non è sulla gravità bensì sulla più rapida diffusione.

Ci attende dunque un semestre di grande tensione, anche perché se non si arriverà a vaccinare se non la metà della popolazione (basterebbe già un terzo, ovvero venti milioni di cittadini) non si potranno ottenere quelle profonde trasformazioni di vita e di abitudini nelle quali vorremmo tutti rientrare. Il Natale e le festività a casa e senza divertimenti sono un prezzo da pagare. Ma sono un prezzo necessario, nella speranza di vedere calati i contagi, i ricoveri e i decessi alla fine di febbraio mentre decollerà la vaccinazione.