Stato di agitazione permanente, la cultura fa sentire la sua voce

di Giulia Cassini

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Pentagrammi, striscioni, un fantoccio di legno: la protesta pacifica dei lavoratori dello spettacolo

Stato di agitazione permanente, la cultura fa sentire la sua voce

Diversi minuti di assordante silenzio hanno ricoperto piazza De Ferrari nella serata del 30 maggio. Uniti ma distanti, nel pieno rispetto di tutte le normative di sicurezza, i lavoratori del mondo dello spettacolo hanno così pacificamente manifestato il proprio disagio e il diritto al lavoro. Cosa sarebbe della quotidianità senza musica, senza teatro, senza arte? Quanto la cultura è essenziale in un contesto democratico? "Convocateci dal vivo" la richiesta che le assomma tutte. 

"Siamo lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e della cultura italiana -dice il movimento- riuniti in un Coordinamento nazionale di realtà, collettivi e movimenti autonomi indipendenti, che si riconoscono negli art. 4, 9 e 33 della Costituzione Italiana, nella cultura etica del lavoro, nei suoi doveri e nei suoi diritti.  Ma siamo anche tutte le cittadine e i cittadini che hanno fame di cultura!
Il 19 maggio abbiamo inviato il Documento Emergenza alle Istituzioni, chiedendo espressamente di essere ricevuti con urgenza per discutere su un reddito di continuità che traghetti il comparto culturale fino alla ripresa piena dei singoli settori e ne tuteli e garantisca l’esistenza, salvaguardando i rapporti di lavoro in atto, anche attraverso incontri politici e tecnici, quindi alla presenza di ministeri e INPS. Poi chiediamo un tavolo di confronto tecnico-istituzionale immediato sulla riapertura, fra lavoratrici, lavoratori, sindacati, Governo e istituzioni, che abbia come priorità: salute per lavoratori, lavoratrici e pubblico; protocolli di sicurezza; finanziamenti pubblici; strumenti di riforma, sia per la ripartenza in presenza, che per una virtualità sostenibile e democratica".

Tanti i pentagrammi sventolati, gli striscioni come quello che annuncia lo stato di agitazione permanente con manifestazioni unitarie nelle principali piazze italiane, fino allo sciopero di tutto il comparto senza adeguate risposte oppure il cartello "Senza l'arte non si riparte" o ancora un fantoccio di legno retto dall'anima del teatro della Tosse l'attore Enrico Campanati. Telenord ne aveva parlato venerdì 29 maggio con la giovane Camilla Ruffini presente all'evento che ha spostato anche il suo format "Pagine di Moda" alla giornata di domenica 31 maggio in segno di adesione, poi si sono individuati tanti esponenti del Nazionale, del Carlo Felice, del Politeama, gli "attori in quarantena" tra i protagonisti del web, il musicologo Massimo Arduino, il soprano Elena Belfiore, la cantautrice Giua, Carla Peirolero del Suq, la scrittrice e musicista  Fiorella Colombo e poi Raffaele Rebaudengo, Enrico Montolivo, Lazzaro Calcagno, Adriana Iozzia e molti altri. "E' la prima volta in cui partecipo -dice Rebaudengo in diretta Facebook- a una manifestazione che ci raccoglie davvero tutti: attori, tecnici, musicisti, ballerini, cantanti, operatori di settore, tecnici, registi sotto l'hashtag #convocatecidalvivo per riaffermare i nostri diritti da lavoratori. Stando così le cose l'80 per cento di noi rimarrà a spasso anche dopo il 15 giugno e guardate solo oggi quanti siamo".

La voce comune sulla riapertura del 15 giugno è quella della fake news: " Solo un quinto dei lavoratori potrà ricominciare il resto rimarrà disoccupato presumibilmente fino alla fine del 2020 e senza tutele". La maggioranza dei lavoratori sono freelance, a chiamata, pagati senza regolarità, completamente dimenticati. Urge una riforma: dalla profonda crisi potrebbe emergere un'opportunità.

"Il rischio a queste condizioni -spiega il Coordinamento ligure emergenza spettacolo- è quello di pochi grandi eventi che monopolizzeranno l'attenzione assorbendo tutte le risorse pubbliche disponibili". Tante realtà rimarranno al palo.  E non è certo "solo" una questione economica.