30 giugno 1960: una rivolta che cambiò la politica in Italia

di Paolo Lingua

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30 giugno 1960: una rivolta che cambiò la politica in Italia

Il 30 giugno 1960 è una data storica. La “rivolta” dei genovesi (un po’ di tutti gli strati sociali) contro il congresso del MSI che sosteneva il governo Tambroni avrebbe provocato nelle settimane seguenti, oltre che la caduta del governo Tambroni, la nascita del nuovo accordo istituzionale di centrosinistra, con l’ingresso del Ps di Pietro Nenni in maggioranza negli enti locali e al governo. E Genova, insieme a Milano, fu il primo comune retto dal centrosinistra. Ma vale la pena di spiegare che cosa accadde in quei mesi tumultuosi. La contraddizione degli eventi era decollata dal desiderio dell’allora presidente della repubblica, Giovanni Gronchi, democristiano di sinistra, di accelerare il cambiamento spingendo l’ingresso dei socialisti nel governo, dal momento che, dopo i fatti d‘Ungheria, i rapporti tra Pci e Psi si erano via via deteriorati.

Ma l’operazione finì in quello che potrebbe essere definito un “pasticcio”, per una serie di contraddizioni e di comportamenti politici malaccorti. Infatti, l’on. Tambroni, democristiano di sinistra e molto legato a Gronchi, si trovò a reggere un governo democristiano monocolore con il voto determinante del Msi che aveva come leader l’on. Michelini.  In un clima altalenante, accadde che il Msi decise di svolgere il suo sesto congresso nazionale proprio a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, la prima che in Italia settentrionale si era liberata da sola un giorno prima dell’arrivo delle truppe alleate. La scelta venne considerata, a tutti i livelli politici, una sorta di offesa morale, un “vulnus” insopportabile.

In città il fascismo non era stato amato, e a malapena tollerato, non solo dai ceti operai e popolari, ma anche da una larga parte della borghesia professionale e imprenditoriale, storicamente legata agli ideali del Risorgimento  (culla mazziniana)  e di cultura internazionale (con forti simpatie anglofile). Anche la Curia, retta dal cardinale Boetto, s’era distinta per gli interventi a favore degli ebrei e del movimento partigiano. Gli stessi tedeschi erano stati convinti a lasciare la città senza ricorrere a inutile stragi o violenze.

Il 28 maggio l’on. Sandro Pertini parlò con toni ruggenti e commossi da piazza della Vittoria contro il congresso che si doveva svolgere al teatro Margherita. S’era diffusa la voce – provocando non poco sdegno – che sarebbe stato presente  tra i congressisti l’ex prefetto Carlo Emanuele Basile persecutore degli antifascisti e dei lavoratori. Qualcuno alluse (ma non era vero) che poteva intervenire anche Junio Valerio Borghese, già alla testa della X Mas. 

Così come ormai è consacrato nella storia, nel pomeriggio del 30 giugno si riunirono in centro della città migliaia di operai, sindacalisti, portuali, attivisti di tutti i partiti democratici, ma anche molti cittadini e tanti giovani e giovanissimi.  La protesta aveva un vasto respiro: non era solo il “no” al congresso a Genova, ma anche il “no” al governo in carica e al rischio d’una involuzione dei vertici della politica italiana.

Anche all’interno della stessa DC, partito di maggioranza relativa, era in corso una vera e propria sollevazione contro Tambroni. Nella seconda parte del pomeriggio del 30 giugno la manifestazione divenne violenta: da una parte camionette della polizia e dei carabinieri e forze dell’ordine in assetto di guerra. Dall’altra i manifestanti sempre più inferociti. Ci furono scontri, violenze, manganellate, lanci di pietre, scontri fisici, agenti gettati nella vasca della fontana di Piazza De Ferrari.

Alla fine i feriti e contusi furono quasi 200, ma per fortuna senza vittime. Le manifestazioni di protesta di spostarono nei giorni seguenti in tutta Italia, anche con vittime. Il governo Tambroni cadde e si arrivò a un governo, presieduto da Amintore Fanfani che già preludeva al centrosinistra organico. In autunno, Vittorio Pertusio, sindaco dc dal 1951, varò la prima amministrazione di centrosinistra in Italia, contestualmente a Milano.

Si era chiusa così, nel corso di quella che sarebbe stata definita la Prima Repubblica, l’era del centrismo e si era verificata, accanto all’accantonamento dei partiti di destra, anche la spaccatura definitiva tra Pci e PSI che pure erano stati alleati dal 1945. Ancora una volta Genova era stata la culla d’un cambiamento storico, come nel Risorgimento. Si confermava il “laboratorio dei cambiamenti politici”.