Viaggio "nella pancia" del nuovo Ponte Genova San Giorgio

di Marco Innocenti

Per la prima volta le telecamere attraversano le sezioni degli impalcati fra tecnologia e grandi professionalità

Non capita certo tutti i giorni di poter ascoltare il respiro di un ponte. Tonnellate di acciaio e calcestruzzo che si muovono assecondando le sollecitazioni dei veicoli ma anche i colpi degli agenti atmosferici: la forza del vento, il calore del sole e il freddo dell'inverno. Ora che il nuovo ponte Genova San Giorgio sta ormai per veder chiudere il proprio cantiere, abbiamo avuto questa possibilità. Di entrare dentro la pancia del ponte, dentro quegli impalcati che per due anni abbiamo visto costruire, arrivare in cantiere e poi salire lassù, in cima alle 18 nuove pile. A creare , anzi a ricreare piano piano, passo dopo passo, quello che la tragedia del 14 agosto aveva portato via, insieme a 43 vite umane. Un ponte ipertecnologico, monitorato costantemente da sensori e da squadra di controllo.

Un ponte che conferma anche al suo interno, quel paragone fatto dal suo creatore, l'architetto Renzo Piano, e dal sindaco Bucci: assomiglia a una nave, avevano detto. E in effetti, anche da dentro, questa somiglianza la si vede tutta: come le sezioni dello scafo di una nave che in cantiere vengono assemblati l'uno con l'altro, così è stato anche per il ponte San Giorgio.

Il Ponte è anche sorprendentemente silenzioso. Siamo in cima alle pile, sotto i nostri piedi ci sono 40 metri di vuoto ma sopra le nostre teste, oltre il fondo di rivestimento e l'asfalto, anche in questo momento stanno correndo decine di auto e camion, eppure l'unico rumore che si sente è quello delle bocchette di deumidificazione, che si attivano per filtrare l'aria ed evitare la formazione di umidità e condensa sulle parti metalliche.

C'è ancora odore di nuovo, di vernice fresca, un po' come su un'auto appena uscita dal concessionario. Tutto è pulito, perfetto, tirato quasi a lucido. Ridotta al minimo la presenza umana: fuori le pulizie di vetri e pannelli, così come l'ispezione, sono affidate a dei robot. Dentro si percepisce solo una presenza virtuale, con gli occhi delle telecamere che scrutano 24 ore su 24 le campate anche al loro interno.