Vaccini diversificati per “under 60”
di Paolo Lingua
Per i soggetti al di sotto dei 60 anni, che abbiano ricevuto come primo vaccino l’Astrazeneca, si prescrive una seconda dose diversificata impiegando il Pfizer o il Moderna. Questa la decisione venuta dal governo e dai vertici della sanità nazionale. La decisione era prevista e prevedibile, dopo la morte della ragazza di 18 anni di Sestri Levante, mancata all’ospedale San Martino di Genova. Tutti i vertici sanitari italiani confermano che l’incidenza della trombosi dopo due vaccini Astrazeneca (come nel caso della ragazza deceduta, di cui comunque mancano ancora di dati definitivi dell’autopsia, nonché di un'altra donna ligure di 34 anni che però è ricoverata ma non è in pericolo di vita) è rarissima (1 caso ogni 100 mila vaccini) ma in questi momenti delicatissimi di pandemia è un fenomeno che provoca shock collettivi. In particolare ci sono preoccupazione per i giovanissimi che pure sono corsi al vaccino con entusiasmo come verso un obiettivo liberatorio dopo quasi un anno e mezzo di clausura. Di qui una indicazione di massima di prudenza e di cautela, considerato che i vaccini Pfizer e Moderna sono considerati più moderni ed efficaci e privi, almeno sino a ora, di conseguenze gravi. Già nelle scorse settimane il governo italiano, sentite le direzioni sanitarie e scientifiche, aveva annunciato che per il prossimo anno si sarebbe puntato su questi prodotti sanitari di ultime generazione, mentre Astrazeneca e anche Johnson sono ritenuti concepiti sulla linea della tradizione vaccinale degli anni passati, pur nel massimo rispetto della loro efficacia. Per i prossimi mesi, salvo colpi di scena, si andrà avanti così, anche se non mancano dubbi sulle decisioni – anche a livello tradizionale - che vengono dal mondo scientifico e sono recepite dalle istituzio0ni politiche. In particolare su Astrazeneca non sono mancate differenti valutazioni e colpi di coda nei confronti della somministrazione a seconda delle fasce di età. E’ probabile che la rapidità – di fronte all’urgenza della pandemia dilagante e dell’impressionante numero di decessi – della messa a punto dei vaccini, rispetto al passato quando per le verifiche sono occorsi molti anni, indubbiamente abbia provocato poi qualche dubbio e qualche “aggiustamento” a livello scientifico, anche perché ci sono state produzioni differenti in zone assai diverse del mondo (basterebbe pensare ai vaccini russo e cinese che nell’area occidentale non hanno trovato per il momento alcuna applicazione ) con esiti a volte discussi. La scienza e la medicina debbono compiere, nel massimo della correttezza e del rigore, il loro percorso, ma è più che logico e giustificato il comportamento di chi né stato preso dai dubbi, a seconda delle informazioni contrastanti sull’impiego ne sugli effetti di questi farmaci. Nessuno può negare che da circa un anno a questa parte le informazioni sull’impiego ottimale di Astrazeneca, con particolare riferimento alle diverse fasce di età, sono state se non contraddittorie quantomeno contrastanti. E il rifiuto, espresso da migliaia di cittadini, anche se forse non ha una robusta giustificazione scientifica, è comprensibile. La situazione della somministrazione collettiva è certamente migliorata in maniera evidente da quando è decollata la gestione del generale Figliuolo e da quando si è accentuata l’attenzione dei ricercatori e scienziati più seri. Ora, l’intervento di questa sera da parte del professor Locatelli che ha confermato che si sono “presupposti teorici e reali a favore del mix dei vaccini” può rendere più sereno il nostro avvenire. E’ l’esigenza più forte di questo momento epocale.
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