Una crisi con tanti “se” e “ma”

di Paolo Lingua

3 min, 39 sec
Una crisi con tanti “se” e “ma”

Domani prenderà il via il rituale delle consultazioni al Quirinale per formare il nuovo governo che potrebbe essere, alla fin dei conti (come l’antico gioco dei “quattro cantoni”) un Conte ter con il reingresso di Italia Viva. Oppure potrebbe entrare in gioco un presidente che potrebbe cercare una sorta di esecutivo a larghe (un po’ più larghe delle attuali). Infine resta l’ipotesi – che sarà evitata sino all’ultimo – d’un ricorso alle urne, individuando le poche settimane ancora libere per una campagna elettorale, prima del semestre bianco che precede l’elezione del presidente della Repubblica.  Per la giornata di oggi, per la prossima notte e per la prossima mattinata si può giocare ai dadi sommettendo su tutte le possibili soluzioni.

Poi, dopo un giorno o due di consultazioni si potrà sperare di capire la soluzione, in un contesto nel quale la attuale politica e i suoi protagonisti stanno mettendo in luce la loro fragilità e i loro limiti. Al di là di qualche gioco letterario di molti media  sarà bene rimuovere l’ipotesi d’un supergoverno con alla testa Mario Draghi che da molti mesi è chiuso in un diplomatico silenzio. Draghi, come molte persone a lui vicine confermano, non ha nessuna intenzione di bruciarsi a guidare fragili o confuse coalizioni: il precedente di Mario Monti, sia pure in un contesto meno drammatico, è eloquente. Semmai Mario Draghi potrebbe accettare di puntare all’elezione di successore di Sergio Mattarella, ma solo con una votazione che possa coinvolgere almeno tre quarti del Parlamento. Alla fine, se non ci saranno colpi di scena, la strada, sia pure tortuosa, potrebbe essere una ripresa del dialogo con Italia Viva, cercando un complicato compromesso tra Renzi, Zingaretti e le diverse anime del M5s.

E’ interessante il ragionamento che si potrà tessere sulla testa dei grillini. Questi ultimi, per evitare il voto che farebbe perdere loro tre quarti della loro presenza, anche percentuale, in Parlamento, dovranno rinunciare a certi loro punti “ideologici” con cui sono entrati in campo: la riforma della giustizia con l’accentuazione del giustizialismo; gli eccessi di assistenzialismo per recuperare voti nel Mezzogiorno; l’ostilità alle grandi opere e forse – ma magari è troppo - - al “no” feroce al Mes. E qui si dovrà capire come andrà lo scontro tra Di Maio (governativo a tutti i costi) e Di Battista, sempre alla ricerca dello scontro. Ma anche il Pd dovrà modificare la sua politica un po’ grigia e attendista, dominata dal terrore del voto e della rottura con ilM5s. Ma anche Renzi dovrà moderare il suo egocentrismo che, intanto, non sembra proprio rendergli molto sul piano dell’opinione pubblica sempre più lontana da lui. Le elezioni potrebbero davvero farlo scomparire.

Non sembra che ci siano, salvo sorprese in extremis, molti movimenti da parte dei parlamentari delle aree centriste: è chiaro che nel caso di elezioni avrebbero maggiori spazi, vale a dire qualche candidatura, nelle liste del centrodestra  che si annuncia come il più probabile vincitore che nel terreno accidentato del centrosinistra, senza contare che se ci sarà un recupero di Renzi, i loro voti sarebbero superflui, quindi inutili.  Ci sono interrogativi sulle posizioni di Forza Italia, ma, alla fine dei conti, Berlusconi resterà nella coalizione di centrodestra, sia pure con sfumature europeiste e liberali più accentuate. Siamo quindi tutti dinanzi  dinnanzi a un grande camino dove ribolle un pentolone dove sono stati gettati gli ingredienti più disparati. Ma l’acqua che ribolle in realtà è un altro fenomeno assai più grave, vale a dire la pandemia che, per il momento, non si arresta e inquieta l’interno Paese. Il ritardo nella consegna dei vaccini, che non è un fenomeno italiano ma, a quel che sembra, mondiale, ci fa presagire un ulteriore rinvio al ritorno alla normalità e , soprattutto, alla ripresa economica. La sconfitta del coronavirus e la ripresa del reddito, dell’occupazione e della qualità della vita sono obiettivi fondamentali, quello che conta. Ma non sembra che la politica comprenda a fondo o abbia il fiato necessario per tenere il ritmo della corsa.