Tutti i dubbi sul governo Draghi

di Paolo Lingua

3 min, 32 sec
Tutti i dubbi sul governo Draghi

E’ molto probabile che il governo di Mario Draghi decollerà nei prossimi giorni, anche se non si capisce ancora se sarà “tutto tecnico” oppure in parte tecnico e in parte con alcuni esponenti dei partiti che lo sosterranno. In pratica, a quel che è dato di capire,  ci dovrebbe essere un sostegno quasi generale di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, movimento troppo legato, anche a livello Europeo, con la destra populista e sovranista. Ci sono degli aspetti positivi a livello nazionale a favore di Draghi in particolare per il sostegno che viene dal mondo imprenditoriale (industriali, artigiani, commercianti, istituti di credito, ecc.) e, al tempo stesso, da parte del mondo sindacale che punta alla ripresa economica e al contenimento, appunto nel coso d’un rilancio produttivo e occupazionale, di licenziamenti e di chiusure di imprese.

Le speranze che si concentrano su Draghi sono appunto collegate alla prospettiva d’una programma di ripresa economica in coincidenza del netto calo della pandemia che paralizza il Paese. In questa prospettiva, i punti di maggior dubbio sulla gestione del governo supertecnico di Draghi riguardano alla complessa questione di come saranno impiegati i fondi europei del Recovery. L’Italia, a questo proposito, è in netto ritardo: un comportamento governativo che per certi aspetti ha sorprendentemente colpito l’opinione pubblica, considerato il fatto che non era mai capitato di dover gestire 209 miliardi. In realtà, il governo guidato da Giuseppe Conte  è fallito in gran parte per questo ritardo e per la confusa politica a questo riguardo.

A voler fare un ragionamento semplice e solo apparentemente frutto di precise esigenze abbastanza ovvie, il progetto del Recovery da presentare all’Europa doveva contenere progetti di realizzazione di grandi opere e di investimenti di spinta nei settori produttivi e industriali. Occorreva puntare su una ripresa produttiva generale, sul modello degli Usa degli anni Trenta dopo la grande crisi del 1929: voleva dire puntare sulla crescita dell’occupazione e del conseguente livello di vita, agganciando i mercati mondiali. Conte è rimasto quasi paralizzato sulle scelte di fondo perché una parte dei sostenitori dell’esecutivo, in particolare il M5s,  e in parte Leu, puntava  a una serie di provvedimenti più di natura assistenziale, incrementando il reddito di cittadinanza. Un tentativo di mantenere il sostegno del Mezzogiorno? Può darsi.

Resta il fatto della indecisione e della confusione delle ultime fasi del governo Conte, un pausa di fatto di cui ha approfittato, non senza spregiudicatezza, Matteo Renzi, quando si è reso conto di essere determinante sul piano numerico. E ora? Non sarà facile capre le reale conclusione e anche la potenziale durata del prossimo esecutivo. Conte punta a provvedimenti drastici per chiudere entro un anno ed essere pronto alla candidatura alla presidenza della Repubblica? E cosa si avrà dopo? Le elezioni in anticipo rispetto al 2023? E comunque, la politica di rilancio economico sarà accettata dai grillini che in realtà sono spaccati al loro interno, al di là della presenza teatrale di Beppe Grillo?  Sugli investimenti produttivi e sulle grandi opere, sia pure curiosamente, potrebbe trovarsi un accordo da sinistra con il Pd e Italia Viva, così come da Forza Italia e dalla Lega, tutti partiti in linea d’accordo con il mondo imprenditoriale industriale e finanziario.

Ma esistono linee contrarie da parte di non poche associazioni ambientaliste ed ecologiste, oltre che da parte dei grillini e in particolare della loro alla più oltranzista vicina a Di Battista: i figli della cosiddetta “decrescita felice”. Sono posizioni da non sottovalutare perché, salvo soprese, certi atteggiamenti emergeranno al momento delle scelte strategiche. Una situazione che potrebbe metter in imbarazzo il Pd che non vorrebbe perdere l’aggancio con i grillini anche nella prospettiva delle prossime elezioni amministrative. E qui torna l’interrogativo più inquietante. Quanto durerà il governo di Draghi? Arriverà a fine legislatura nel 2023 o si fermerà prima quando con una sorta di “liberi tutti” si tornerà agli schieramenti    più o meno tradizionali? Tutte le previsioni sono possibili.