Palazzo Ducale: micro mostre e micro dirigenti?

di Paolo Lingua

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Palazzo Ducale: micro mostre e micro dirigenti?

Luca Bizzarri è un attore comico autoironico e si divertirà al gioco di parole sulle mostre e sui dirigenti di Palazzo Ducale, un gigante nato per ambizioni politiche (del centrosinistra e proseguite dal centrodestra) e che ha navigato sempre con un po’ d’affanno. Al suo decollo, all’epoca delle Celebrazioni Colombiane, si temeva che fosse un contenitore per ripetere all’infinito vecchi temi cari all’arte genovese (il Seicento e il Settecento privilegiati anche dal mondo accademico di allora, per via delle tante famiglie aristocratiche collezioniste per eredità). Poi, questo impulso si è esaurito, ma essendo Genova un po’ fuori dal gioco commerciale dell’arte e della cultura nazionale, si è puntato sul recupero di iniziative “di giro”, qualche volta apparentemente più brillanti, ma molto spesso medio-commerciali. La cultura, si sa, dal dopoguerra a oggi è sempre stata, in tutti i campi, un monopolio della sinistra, ma da cinque anni in Liguria la sinistra ha messo insieme una serie di sconfitte. Il centrodestra a sua volta ha dovuto affrontare molti settori non senza affanno e qualche “stop and go” in un settore dove non ha mai esercitato una leadership anche parziale. Per cui, quando è stato il momento di nominare un nuovo presidente di Palazzo Ducale è stato scelto, a quel che si dice per indicazione di area Mediaset, Luca Bizzarri, tra la sorpresa generale. Scelta gradita da Ilaria Cavo e dal suo singolare staff quasi sempre oggetto di contestazioni anche tra gli alleati politici. Bizzarri però non ha gestito sinora una linea organica e a Genova brilla più per la sua assenza che per la sua presenza (con nessun riferimento a questi ultimi due mesi di coronavirus). Poi è arrivata come direttore Serena Bertolucci, anche lei di area di sinistra ma accettata, che sino a poco prima dello scoppio dei contagi ha avuto larghe pause di presenza (per mille motivi) nel Palazzo che è stato la sede storica dei Dogi. La gestione, insomma, ha provocato, anche in molti ambienti di area di centrodestra e di amministratori delle istituzioni, qualche muso lungo e qualche mugugno, con una Ilaria Cavo che sorvolava le vicende della location. Non va dimenticato che anche in Comune ci sono state sostituzioni dei responsabili della cultura, anche se recentemente la situazione a Tursi sembra in via di miglioramento.

Ma saranno i fatti a determinare i giudizi. Per adesso, dopo la chiusura delle mostre e di tutte le attività a causa del rischio dei contagi, c’è la riapertura. Con tutta la prudenza necessaria del momento che stiamo attraversando, si annuncia la Mostra di Bansky che sarà percorribile da gruppi limitati e con pause cadenzate per le opere esposte, ma solo per una settimana sino al 24 maggio. Nelle intenzioni di Serena Bertolucci si tratterebbe di una “prova” di come gestire il pubblico all’indomani della ripresa della “Fase 2”. Si tratta d’un autore grafico inglese provocatorio mas in senso intellettualistico. Non si attendono folle di curiosi e di appassionati. Chiuso Bamsky nel giro di pochi giorni, si annunciano poi le future e non ancora chiarite “micromostre”, ovvero le iniziative frutto indiretto del coronavirus. I visitatori si fisseranno su un numero limitato di opere d’arte (disegni, pastelli, pitture o sculture) per poterle ammirare con un certo tempo a disposizione e direttamente, più da vicino. Si attende il programma che non è ancora chiaro. In linea di massima si tratterebbe di un esperimento all’insegna della novità, sia per chi espone, sia per chi fruisce, puntando su un percorso “sopportabile” ancora in epoca di coronavirus, non potendo scommettere su progetti di un certo peso e di un certo respiro. Inoltre si prevede la quasi assenza di turisti stranieri. Per cui si sa, per esperienza, che il pubblico locale, che si spalma oltre che al Ducale anche nei musei civici, non è particolarmente numeroso.

La crisi del Ducale, a questo punto, si annuncia preoccupante perché le partecipazioni potrebbero davvero essere magre, soprattutto se ci fosse un ritorno del contagio nei prossimi mesi. Al di là della questione contingente dell’infezione, è indubbio che il Ducale potrebbe pagare, anche con i passivi contratti precedentemente, gli errori del passato e gestioni fiacche e poco originali. Per molti aspetti c’è una parte dell’opinione pubblica che è delusa. Dal centrodestra i supporters forse di aspettavano qualcosa di meno intellettualistico ma più piacevole e moderno. Qualcosa di più “popolare” a accattivante. Invece la attuale gestione è rimasta appesa nel limbo, forse per le incertezze dei vertici e per un mancato confronto con la città. Dal Ducale è venuto molto silenzio e poca incisività, anche se per certi aspetti la nuova linea poteva avere spazi ampi in seguito ad alcuni errori delle gestioni precedenti, basterebbe citare il flop della mostra su Paganini o la truffa dei quadri falsi della mostra di Modigliani. Proprio sulla base di queste scivolate si pensava che, anche con qualche guizzo più mediatico che di contenuti culturali, ci fosse una ripartenza, amche discutibile, ma comunque provocatoria. Invece sinora abbiamo raccolto silenzi e incertezze.