Le (eterne) inquietudini della sinistra

di Paolo Lingua

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Le (eterne) inquietudini della sinistra

Non è facile, per il momento, valutare quanto valga in termini elettorali l’uscita dal M5s di Alice Salvatore che ha fondato “Buonsenso” la lista con la quale pare intenda correre da sola alle prossime regionali. Se andrà così sino alla chiamata alle urne (probabile per ottobre) occorrerà cercare di capire quanto potrà sottrarre in percentuale al suo ex partito e in generale allo schieramento di centrosinistra. La scossa tellurica di oggi comunque non è un buon segno per uno schieramento complesso che già ha dato luogo a scricchiolii a livello do governo e che in Liguria non sembra per adesso aver trovato una linea precisa, considerato che le divisioni interne non sono da sottovalutare. Nessuno prende posizioni ufficiali, ma, cercando di disegnare una mappa provvisoria emergono alcune situazioni specifiche.

In primo luogo in casa del M5s, nel silenzio del suo padre-fondatore Beppe Grillo, si ha la sensazione che il movimento sia diviso in più di una tribù e non solo tra Crimi, il reggente, e Di Maio, ex leader esautorato.Ma non è facile capire come si orientano l’ondivago Di Battista e il “duro” presidente della Camera.

Si parla di nervosismo in casa dei renziani che hanno potenziali alleati i seguaci di Emma Bonino e di quel che resta dei socialisti, dopo la diaspora della metà degli anni Novanta. In casa Pd si è prudentissimi, perché nel partito si muovono due linee. La prima spera di trovare un candidato che abbia un ruolo riunificatore e che saldi tutti gli schieramenti alleati e, magari, possa far sperare in una vittoria, dopo che la sinistra, negli ultimi cinque anni, ha messo insieme, a tutti i livelli, sono batoste. Ma il Pd vorrebbe, e lo si può capire, un candidato anche esterno o come si dice con un eufemismo retorico “espressione della società civile”, in grado di attrarre la simpatia degli elettori. Ma non è facile recuperare una specie di Beppe Pericu, anche perché un candidato simile (che certamente avrebbe le caratteristiche di riaprire la corsa) non è detto che sia gradito ai grillini e all’estrema sinistra. Nel caso opposto, una candidatura come quella di Adriano Sansa non avrebbe la possibilità di raccogliere la fiducia dell’elettorato moderato di sinistra. I firmatari della proposta di Sansa sono in gran parte ex massimalisti oppure emarginati da anni e con poco sostegno dell’opinione pubblica. Al tempo stesso le possibili candidature di illustri docenti universitari (Paolo Comanducci o Aristide Massardo) potrebbero avere poco mordente elettorale, non essendo di fatto personaggi “popolari”. Tutta l’area del centrosinistra, da mesi, “ondeggia” alla ricerca del candidato ottimale e dell’accordo perfetto che riunisca tutte le componenti da quelle più moderate a quelle più radicali. Una operazione tutt’altro che semplice che però potrebbe essere risolta, valutando un certo calo della popolarità del presidente Giovanni Toti, candidato blindato del centrodestra per la riconferma, un po’ per la gestione della sanità un po’ per i limiti operativi e amministrativi. Per non parlare delle spaccature dell’ala moderata del centrodestra, per il calo di popolarità di Berlusconi e per la nascita, sia pure tutt’altro che brillante, del movimento di Toti “Cambiamo!”. C’è poi un certo calo della Lega, come dimostrano gli ultimi sondaggi. Ma il centrosinistra è in grado di approfittare delle difficoltà della controparte? In passato, i vertici del Pd hanno sbagliato la candidatura che ha portato a sindaco Marco Doria e la candidatura di Raffaella Paita alle regionali. In quest’ultimo caso, la “spaccatura” a sinistra ha portato all’elezione di Toti e poi, via via, le sconfitte (sempre con spaccatura e con i grillini contro, che hanno portato, in una regione cosiddetta “rossa” alla perdita di tutte le maggiori amministrazioni comunali. La uscita dallo schieramento di Alice Salvatore non è comunque un buon segno per il centrosinistra perché potrebbe indurre alla nascita di altri gruppuscoli. Una situazione che condizionerebbe l’esito elettorale d’autunno.

In realtà, in entrambi gli schieramenti, non si sta vivendo un momento molto felice, anche per via di tutti i dubbi legati al coronavirus e alla difficile situazione dell’economia con la prospettiva d’una stagione turistica tutt’altro che positiva, ma pesante anche per l’economia tradizionale, sia quella industriale sia quella marittima. I partiti ondeggiano tra una politica di difesa sanitaria dei cittadini e la ripresa economica, spinti dalle categorie produttive con l’acqua alla gola. In queste condizioni non è facile catturare il consenso e predisporre piani precisi di governo e di amministrazione. Tra l’altro le posizioni non sono omogenee anche tra alleati. Il Pd e i renziani sono favorevoli a riprendere i piani per la ripresa delle grandi opere pubbliche visto il successo per la ricostruzione del ponte (che però resta un patrimonio personale, anche in chiave politica, di Marco Bucci) e della metodologia commissariale impiegata. Ma com’è noto non è la stessa linea del M5s che ha sempre avversato anche il Terzo Valico e ha messo ostacoli per la realizzazione della Gronda. Siamo ormai nel grande oceano del “forse” e dell’incertezza, frutto d’una fragilità intellettuale diffusa che da tempo ci perseguita.