L’ossigeno che viene (con intelligenza) dall’Europa

di Paolo Lingua

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L’ossigeno che viene (con intelligenza) dall’Europa

Anche sul piano politico, la decisione di dar vita alla costituzione del fondo di 500 miliardi di aiuti agli Stati europei che hanno subito i danni economici più gravi a causa del coronavirus, è stata una mossa intelligente di Macron e della Merkel. Al di là del forte contenuto morale e sociale, l’accordo trai due maggiori stati europei è stata una scelta - verrebbe da dire “ideologica” – che ha messo nell’angolo i partiti sovranisti e nemici dell’Ue. E’ una operazione che vede favorevole in prima linea l’Italia che potrebbe usufruire, vista la sua situazione di crisi, di circa 100 miliardi, una condizione che potrebbe portarla a scavalcare il ricorso al Mes (che ha un potenziale per il nostro paese sui 36 miliardi) da sempre oggetto di discussioni e diatribe dentro e fuori il governo, anche se poi il Mes, negli ultimi tempi, è apparso assai meno pericoloso di quanto una parte della destra (ma non Forza Italia) e dei partiti di governo (in particolare il M5s) avessero elucubrato.

Non va sottovalutato, comunque, che non tutti i Paese aderenti alla Ue si sono dichiarati favorevole all’asse Francia-Germania. Restano ostili come sempre Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, da sempre “innamorati” anche per interessi specifici e particolari del rigorismo finanziario. Magari dimenticando – è il caso dei Paesi Bassi – di essere pronti a ospitare la sede legale di molte imprese multinazionali, offrendo loro fin troppo vistosi vantaggi fiscali. In questo mondo è difficile trovare realtà senza peccato.

L’aspetto peculiare di questo accordo riguarda la natura dello stanziamento ( i dettagli saranno messi a punto nei prossimi giorni dai vertici dell’Ue con la regia della presidente Ursula von der Leyen che non ha maio nascosto la sua simpatia e il suo sostegno all’Italia. Infatti i 500 miliaardi saranno distribuiti, in rapporto agli specifici bisogni di ogni Stato, completamente a fondo perduto. Saranno quindi una spinta forte per la ripresa dell’economia e non strozzeranno le imprese che, per giochi di prestiti e crediti, potrebbero essere costrette a faticosi rimborsi aggravati dagli interessi passivi.

Ed è proprio su questo aspetto che preme il nostro premier Giuseppe Conte, che ha dalla sua parte il Pd, i renziani e persino Leu, ma, come sempre quando si tratta di affrontare temi europei, deve superare le perplessità del M5s. I grillini, per molto aspetti, sono antieuropeisti un po’ come la Lega di Salvini, ma è anche vero che sono spaccati al loro interno da mesi e non sono omologhi nel favorire diverse scelte economiche. In questo caso, il flusso di liquidità a fondo perduto dovrebbe andare ad aiutare le imprese in crisi, ma in particolare dovrebbe servire come carburante per una ripartenza veloce per rimettere l’Italia nel cuore dei mercati in sviluppo in modo da non rendere lungo il processo di ripartenza, come invece si teme ancora.

Per quel che riguarda l’Italia, anche se forse il nostro Paese avrebbe bisogno anche di maggiore sostegno finanziario, tanto è vero che puntava a un piano Ue da mille miliardi per aumentare la propria quota quasi a raddoppiarla, la disponibilità di liquidità senza prestito da restituire, come vorrebbero invece gli Stati del Nord, sarebbe importante far decollare le grandi opere. In Italia ci sono tratti strategici di strade e ferrovie (ad alta velocità o capacità) ancora fermi, oltre che un’azione strategica e programmata di messa a punto e di controllo di quanto già esiste e che ha dimostrato, dopo non pochi crolli, la propria fragilità e usura. A questo proposito non va sottovalutato l’intervento dei giorni scorsi del ministro dello sviluppo Stefano Patuanelli che ha ribadito il principio dell’importanza di interventi in gradi opere pubbliche sul modello con il quale è stato ricostruito a tempo di record il ponte di Genova dopo il tragico crollo. L’intervento è interessante anche perché Patuanelli appartiene al M5s ma ha dichiarato di credere a un’azione diffusa su tutto il territorio per la ripresa rapida a 360 gradi, superando molte dubbiosità della linea storica del suo movimento.

D’altro canto i canali di crescita sono tre: uno è il piccolo commercio e l’artigianato che danno una occupazione diffusa e tengono vivo il territorio sia delle grandi città sia dei piccoli centri; il secondo è quello dell’industria produttiva che dà vita all’export un settore che in passato ha dato una forte liquidità al nostro Paese in particolare per i prodotti di eccellenza dall’industria alla moda e all’agroalimentare; in terzo luogo ci sono le grandi opere. Per quest’ultimo settore non va dimentica che strade, ferrovie, porti sono la chiave per la ripresa in un momento particolare nel quale i mercati devono essere razionalizzati e velocizzati. Basterebbe pensare al porto di Genova che deve mettere a punto nuovi attracchi potenziati per il traffico crocieristico e dei traghetti; che deve allargare la diga foranea e dragare i fondali per farli più profondi per accogliere le navi di ultima generazione che portano merci e contenitori; razionalizzare il Waterfront di Levante e puntare, per la costruzione navale, al ribaltamento a mare. E al tempo stesse deve potenziare la rete autostradale in coincidenza della riapertura del ponte mettendo in campo i lavori per la Gronda. L’accordo Macron – Merkel deve funzionare anche e soprattutto per questi obiettivi.