L'Italia dopo il voto: una situazione molto complicata

di Paolo Lingua

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L'Italia dopo il voto: una situazione molto complicata

L’elettorato italiano è volatile e di difficile interpretazione, perché sfugge a logiche legate a una tradizionale interpretazione della politica. Forse, proprio dopo questa esperienza di passaggio delle urne , possiamo affermare che la società è cambiata e sta cambiando e che, nelle sue scelte e nei suoi comportamenti, segue linee di volta in volta differenti e non sempre coerenti  a un meccanismo logico al quale, sino a ora, eravamo abituati. Basterebbe riflettere sull’esito del voto del referendum. Sino a meno di un anno fa era scontato che il “si” sarebbe passato con una maggioranza bulgara superiore al 90%. L’argomento, rispetto ad altre tematiche politiche, passava in secondo piano. Poche settime fa, invece, il fronte del “no” s’è mosso e ha individuato le assurdità e le contraddizioni del “si”. Si sono schierati per il “no” politici trasversali da destra a sinistra, esperti costituzionalisti e una forte componente della alta e media borghesia professionale e imprenditoriale italiana.

Così il “no” è arrivato al 30%: troppo poco ma c’è la traccia d’un errore di tempi e di strategie. Come sarebbe andata se il movimento contro il taglio secco dei parlamentari si fosse mosso sei mesi fa? Difficile dirlo a posteriori,  ma è indubbio che il voto ha creato non poche problematiche. Nessun partito, per timori emotivi, oggi vuole andare a votare, ma occorrerà arrivare a una nuova normativa sulla  legge elettorale e ad altri aspetti di modifica costituzionale: un procedimento assai complesso. Se però si vuole, con correttezza e onestà, valutare l’effetto del voto, è giusto constatare che a favore del “si” dichiarato con la massima chiarezza c’era il M5s. Che però è uscito dalle urne, a tutti i livelli, in condizioni disastrose, scendono al di sotto della percentuale “a due cifre”, una bastonata senza attenuanti, che rende a tutti i livelli – locali e di governo – assai fragile il movimento grillino, ormai squassato da una guerra intestina tra correnti e correntine. Il M5s da oggi dovrà rinunciare a impuntarsi sulle richieste del Pd a livello di governo, dal momento che, nelle modeste condizioni in cui s’è ridotto, non può consentirsi dei veti e dei blocchi soprattutto nei confronti delle opere pubbliche.

Sin qui l’analisi a livello nazionale, giocando sulla conclusione della poca spendibilità, a tutti i livelli, della vittoria elettorale del “no”, dal momento che gli spazi di manovra si sono fatti sempre più ristretti. In effetti il centrosinistra, pur vincendo in tre regioni (Campania, Puglia e Toscana) già controllate, ha avuto sempre il M5s che correva da solo e quindi di nessun aiuto all’esito positivo. Inoltre, proprio in Liguria, l’unica regione dove si è formata una coalizione eguale a quella governativa, le conclusioni sono state molto pesanti, segno che Ferruccio Sansa, pur essendo un personaggio “nuovo”   e alternativo, ha subito una delle sconfitte più pesanti. Una conclusio0ne che, a voler dire la schietta verità, all’interno del Pd (oltre che di altri movimenti minori) era data per scontata: Sansa era un candidato troppo marcato e di parte per sperare di raccogliere voti di opinione allargati. E questo ha favorito certamente Giovanni Toti che si è giocato una campagna elettorale in scioltezza, chiudendo con una maggioranza schiacciante (19 seggi a 12 in consiglio).

Sarà difficile a questo punto che Sansa pensi di fare il leader dello schieramento d’opposizione, perché il Pd è molto probabile che giostri la sua opposizione in maniera autonoma, ritenendo che l’esperimento sia da considerarsi chiuso. Vedremo l’evoluzione degli eventi nelle prossime settimane. Sarà interessante come si muoverà Giovanni Toti, a tutti i livello assoluto vincitore della prova elettorale della prova elettorale. La sua maggioranza  (!9 a 12) è la più alta in mezzo secolo di storia regionale. Governerà senza troppe preoccupazioni nei confronti dell’opposizione. Ha già annunciato che i consiglieri nominati assessori dovranno dimettersi per far entrare nuova forza (ma questo era in parte già avvenuto la volta scorsa) per allargare il consenso territoriale. E’ probabile la conferma di ex assessori (Cavo, Scajola, Benveduti, Berrino, Giampedrone) tutti eletti con successo. Sarà comunque delicato il riassetto con la Lega. Ma ormai, in Liguria e anche nel resto dell’Italia, la situazione politica generale – a destra come a sinistra – ha imboccato una nuova strada di cambiamento  di cui non sappiamo ancora molto. Ma ormai ci si muove ad ogni stormire di fronda.