In Liguria una ragazza su cinque non studia e non lavora

di Redazione

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Il rapporto di Save the Children, nella nostra regione il 22,2% dei minori vive in condizioni di povertà relativa

In Liguria una ragazza su cinque non studia e non lavora

In Liguria, secondo un rapporto di Save the Children, quasi 1 ragazza su 5 non studia non lavora e non segue nessun percorso formativo, già prima della crisi il 22,2% dei minori viveva in povertà relativa mentre asili nido sono a disposizione solo per il 14,7% dei bambini e la dispersione scolastica è al 17,7%. L'Organizzazione, che ha diffuso oggi l'XI edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia, intitolato "Con gli occhi delle bambine", denuncia la necessità di "intervenire alla radice delle diseguaglianze che colpiscono le ragazze" ed evidenzia come sia "urgente intervenire con risorse adeguate nelle "zone rosse" della povertà educativa".

Secondo il rapporto, l'Italia e la Liguria non sono "a misura di bambino ma ancor meno a misura di bambine". Bambine e ragazze "pagano sulla loro pelle disuguaglianze di genere sistematiche e ben radicate nella nostra società, che si formano già nella prima infanzia, che le lasciano indietro rispetto ai coetanei maschi e che, con la pandemia, sono deflagrate". In Liguria il 19,6% delle ragazze, contro il 16% dei maschi, rischiano, entro la fine dell'anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione, rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. Percentuali, per quanto riguarda le ragazze, ben lontane dai picchi che si avvicinano al 40% in Sicilia e in Calabria, ma distanti altresì da quelle nei territori più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove le ragazze Neet sono il 14,6% (comunque quasi il doppio rispetto ai ragazzi, 7,7%). L'istruzione resta un fattore "protettivo" per il futuro delle ragazze, ma anche le giovani che conseguono la laurea stanno pagando cara la crisi.

In Liguria, il 22,2% dei minori vive in condizioni di povertà relativa, un dato in linea con la media nazionale che si attesta al 22%. La Liguria appare ad ogni modo lontana dai territori più virtuosi, quali il Trentino Alto Adige (8,3%) e la Toscana (9,8%) che presentano le percentuali più basse di minori in povertà relativa. Anche la Liguria è colpita dal calo delle nascite. Le quattro province liguri si attestano tutte sotto la media nazionale, con una percentuale di popolazione under18 del 13,5% circa. A ridurre il brusco calo, solo l'incidenza dei minori con cittadinanza straniera, che oggi in Italia sono l'11% del totale, con percentuali di poco superiori in Liguria che si attestano intorno al 13% nelle province di Genova, Savona e La Spezia per salire al 17,3% a Imperia. Nel percorso di crescita, gli indicatori di povertà educativa confermano una situazione difficile già prima dell'emergenza, anche se c'è da sottolineare come la Liguria faccia registrare risultati di gran lunga migliori rispetto alla media del Paese: nella regione più di 1 giovane su 10 (10,1%) abbandona la scuola prima del tempo, al di sotto della media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5%; inoltre, in Liguria, il 17,7% dei giovani rientra nell'esercito dei Neet, cioè di coloro che non studiano, non lavorano e non investono nella formazione professionale, molto meglio dello scenario a livello nazionale che fa registrare una percentuale media del 22,2%.

Anche al di fuori della scuola, le opportunità di crescita culturale, emozionale, creativa, di svago e di movimento sembravano molto basse già prima dell'arrivo del virus: nel 2018-2019, in Liguria più di 1 minore su 3 tra i 6 e i 17 anni non leggeva neanche un libro extrascolastico all'anno (un dato non troppo lontano dal 48% a livello nazionale), mentre il 15,1% dei bambini o adolescenti tra i 3 e i 17 anni non praticava alcuna attività sportiva, un po' meglio, anche in questo caso, della media nazionale del 22,4%, quasi 1 su 4.

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