Il tema della giustizia: punto dolente del governo

di Paolo Lingua

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Il tema della giustizia: punto dolente del governo

La questione del prolungamento della prescrizione per i processi di mafia è una manovra tutto sommato strumentale da parte del M5s, in particolare della fascia d’opinione che fa riferimento all’ex premier Giuseppe Conte. A seguire molte notizie dirette e indirette che vengono dalla sponda del governo, si ha la netta impressione che il premier Mario Draghi e la ministra Cartabia abbiano l’obiettivo di chiudere la vicenda in tempi 

  Stretti senza infilarsi nel sentiero tortuoso della trattativa a tempo infinito sui dettagli del progetto di legge. L’ipotesi di andare in Parlamento con il voto sulla fiducia dovrebbe spazzare via  tutte le ipotesi di mediazione, anche quelle molto moderate e prudenti avanzate dal Pd e dello stesso Letta che, forse, ha il progetto di cercare di salvare capra e cavoli trovando un compromesso, evitando nello stesso tempo di rompere con il M5s.  Ora nei prossimi giorni  si cercherà di capire quale sarà l’esito della riforma -forse la più delicata nel momento attuale – del sistema della giustizia. In realtà, dietro alle polemiche sollevate dal M5s, c’è un principio storico già sollevato dal movimento “grillino” che è di natura sostanzialmente giustizialista. In realtà tutto il centrodestra, ma anche il Pd per motivi storici, oltre che  movimenti dell’area di centro (piccoli partiti e renziani), sono di fatto favorevoli a un ridimensionamento dei poteri della magistratura, dopo gli scandali che sono mersi nei mesi scorsi.

 In questa prospettiva sta la riforma prevista nel sistema legislativo dell’attuale governo. Una linea che vede quasi tutto lo schieramento filogovernativo, compresa la Lega, nettamente favorevole alla riforma che, tutto sommato, prevede una sintesi delle posizioni storiche sull’argomento  senza alterare il senso della legislazione italiana.  Il Pd si è dichiarato favorevole a piccoli ritocchi in via del dibattito parlamentare senza alterare il senso della legge. Una posizione fortemente di distinguo rispetto ai “grillini”  che invece punterebbero ad accentuale la loro linea storica di natura giustizialista. C’è quindi un forte rischio che potrebbe vedere la legge, una delle più prudenti messe in campo da Draghi, al centro di un dibattito provocato più che dalla ideologia, semmai dalla caccia ai voti del dissenso. Un po’ come sta avvenendo nel corso della contestazione dei “no vax” verso i quali c’è una inclinazione d’una parte del centrodestra alla ricerca  esasperata di voti nella prospettiva delle elezioni amministrative dell’autunno e della primavera. Si tratterà ora di capire se, con la secca di richiesta della fiducia da parte del governo, si chiuderà la discussione sulla riforma della giustizia, considerato che all’interno del M5s, esistono diverse nature, una delle quali è rappresentata da Di Maio che punta su qualunque accordo pur di fa sopravvivere l’alleanza, mentre l’altra è sospinta sempre da Conte che forse punta anche all’uscita dall’alleanza, considerato il fatto che, anche per le elezioni amministrative, sono pochi i comuni italiani nei quali reggono alleanze organiche tra Pd e M5s, con posizioni nettamente critiche da parte dei renziani. Il caso del comune di Roma è forse l’esempio più vistoso, mentre sussistono  forti diversità anche a Milano, Torino e Genova.  Poi, sullo sfondo, ci sono i dissenso sulla legge Nan. Menno importante nei contenuti pratici, ma molto strumentabile in politica. In questa prospettiva forse si può capire la provocazione delle forze, COME Romano Prodi, che vorrebbero Draghi a Palazzo Chigi sino al  2023 e magari anche oltre per mantenere gli equilibri di governo.