Il derby del virus in Europa

di Paolo Lingua

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Il derby del virus in Europa

La riunione in videoconferenza per decidere le strategie economiche e finanziarie dell’Unione Europea è finita, come forse era più che prevedibile, in uno stop con rinvio ai prossimi dieci giorni per trovare una mediazione. L’impatto che ha bloccato gli Stati dell’Unione era, come era già stato valutato alla vigilia, la questione del debito pubblico da sfondare, superando i vecchi limiti di bilancio posti in passato. Collegata al lancio degli eurobond, con l’acquisto massiccio dei titoli di Stato dei singoli Paesi per sostenere alle spalle i conti “in rosso”, ovvero il passaggio obbligatorio per far reggere la situazione economica dei Paesi impegnati a difendere i settori in crisi o comunque a puntare al rilancio. Siamo sempre alla diagnosi (e alla terapia) disegnata da Mario Draghi che, in paroleve povere, ha spiegato che non si potrà perdere tempo a gestire uno stato che non sarà solo di crisi ma anche di forte declino, all’indomani della fine dei provvedimenti antivirus che oggi sono non solo necessari ma obbligatori.

Lo scontro che era stato anticipato ha confermato il quadro che si stava delineando. A favore della linea che potremmo idealmente riferire a Draghi si sono schierate l’Italia e la Spagna, che però avevano alle spalle anche la Grecia, il Portogallo e i Paesi mediterranei. Dall’altra parte la Germania e l’Olanda e i Paesi del Nord Europa, molti dei quali non hanno applicato alcuna forma di protezione e di divieto contro il coronavirus. In Germania anche la Merkel, che pure sinora era apparsa più morbida su alcuni passaggi , ha detto no agli eurobond, spalleggiata anche da politici ed economisti da sempre favorevole all’austerità che, a loro avviso, favorirebbe la loro moneta considerata più forte. L’equilibrio europeo che sino a poco tempo fa vedeva la linea vincente della Germania, leader economica dell’Unione anche per la vecchia impostazione del cambio dell’Euro, si è però spostato. Giuseppe Conte ha bloccato le prime decisioni della riunione e, oltre che dalla Spagna, per la prima volta è stato sostenuto dalla Francia. Da qualche tempo Macron si è reso conto della necessità di un cambio di marcia, anche prima dell’esplosione del coronavirus che in Francia sta appunto crescendo, come del resto anche in altri Paesi vcini, a partire dalla Gran Bretagna (dove lo scettico e quasi cinico Jonson è stato dichiarato positivo al tampone, come il Principe di Galles) ex Ue ma comunque per molti aspetti connessa al Vecchio Continente. Ma anche in Germania il contagio cresce. L’Italia sposa dunque la linea di Draghi e non ha scelta. Il nostro Paese anche in passato ha dimostrato di avere nel suo Dna le risorse per risorgere, a volta con maggiore agilità di altri, ma si porta dietro, rispetto al resto dell’Europa, un pesantissimo handicap che è quello di aver il peggio debito pubblico. E questa condizione, che l’Italia si trascina da trent’anni e più, già aveva accentuato, in un momento di crisi internazionale, tutte le difficoltà di crescita. Il contagio diffuso ci ha dato il colpo di grazia, bloccando di fatto quasi tutte le nostra attività produttive, o comunque riducendole al minimo. Inoltre, con il blocco del turismo, l’Italia sta perdendo un fiume di liquidità e di9 valuta pregiata che in molti casi si era dimostrate determinante a risolvere alcuni casi critici.

Di qui l’azione di Conte che, spalleggiato da Macron che ha fatto saltare l’asse con la Germania, ha bloccato ogni decisione che poteva essere di danno. Ora però occorre capire come si realizzerà la mediazione affidata ai vertici europei. Il blocco economico e occupazionale europeo sembra destinato ad accentuarsi perché il picco dell’infezione anche se annunciato (vagamente) sembra prolungarsi ancora per una decina di giorni a voler essere ottimista. Il che significa che la ripresa tarderà e ci sono tutti i presupposti per prevedere che la normalità si potrà delineare da settembre in poi. Il crollo economica da qui ad allora potrebbe essere drammatico. Ecco pèerchè non si può giocare, come in passato, su decisioni pesate sul bilancino dei farmacista. Ha ragione Draghi: occorre una massiccia immissione di finanziamenti in un gioco matematico di pubblico e privato. In sei mesi occorre vincere la recessione che potrebbe portare a una stagnazione dell’economia per molti anni. Una recessione intollerabile anche per come ormai ci siamo abituati a vivere. Non bisogna avere paura, ma occorre che Conte e gli altri alleati tengano duro e insistano.