Il crocifisso in classe: superare le polemiche

di Paolo Lingua

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Il crocifisso in classe: superare le polemiche

La decisione della Corte Costituzionale relativa alla presenza nelle classi del crocifisso sembra ispirata al cosiddetto “sano buonsenso”. Vale a dire: sul piano della discussione pacata, se non ci sono prese di posizione ideologiche, lo si può tranquillamente  tenere. Nel caso di dure opposizione è meglio evitare scontri ideologici e religiosi, con ricadute politiche sul principio della laicità dello Stato.  La questione che è arrivata dopo polemiche e ricorsi alla Suprema Corte nasce da vecchie polemiche mai estinte e che hanno una radice antica e in particolare al Concordato frutto d’un accordo tra Mussolini e il Vaticano che aveva chiuso più di mezzo secolo di contrasti tra il nuovo Regno d’Italia e lo Stato del Vaticano.  Il Regno d’Italia, frutto dell’unità a fatica raggiunta e con la sistemazione di Roma come capitale, confinando lo Stato della Chiesa nel quartiere del Vaticano. In quel contesto , con scomuniche e dure leggi anche fiscali sulle proprietà della Chiesa, si era arrivati alla definizione dell’Italia come Sato laico, alla stessa stregua di altre nazioni europee come la Francia e l’Inghilterra e altre.

Gli uffici pubblici e le aule scolastiche avevano come simbolo il tricolore o l’effige del Re d’Italia.  Dall’Unità sino al Patto Gentiloni dell’inizio del   XX secolo, di fatto i cattolici praticanti erano invitati dal Vaticano a non votare e a non essere candidati. Ma si trattava soltanto d’un mezzo passo avanti senza nessuna ammissione ufficiale o istituzionalizzata.  Circa vent’anni dopo, Mussolini, anche per distinguersi dal passato risorgimentale e per aumentare l’area di sostegno al suo regime, riuscì a raggiungere l’accord9o con la Santa Sede a  firmare il Concordato con il quale la religione cattolica veniva considerata la religione ufficiale dello Stato italiano. Da allora ecco che il crocifisso venne collocato nelle aule scolastiche e in molte strutture pubbliche. La questione della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non riprese in chiave di polemica ideologica e di principio nell’immediato dopoguerra, perché il primo de il secondo decennio di leadership della Dc aveva accentuato il ruolo della chiesa cattolica come religione dello Stato e non erano ancora emerse le modifiche legislative sul divorzio e sull’aborto.

In linea di massima nelle scuole si consentiva di non partecipare alle lezioni di religione agli studenti di fede protestante, ortodossa o ebraica e ai rarissimi casi di famiglie che rivendicavano una netta laicità. Poi con le nuove legislazioni e con la modifica del Concordato, frutto dell’azione politica di Bettino Craxi quando era Presidente del Consiglio, si è accentuata, sia pure senza arrivare a scontri diretti, la dimensione laica dello Stato, come del resto è sempre stato in tutti i Paesi occidentali, indipendentemente dalla prevalenza d’una fede religiosa all’interno della nazione in questione. Come si è detto il divorzio e l’aborto sono stati elementi di accentuazione di questo atteggiamento diffuso nell’opinione pubblica. E in questo periodo preciso si sta facendo strada un altro elemento peculiare dei valori laici quale il cosiddetto “suicidio assistito” che trova, come del resto è logico,  contraria la Chiesa Cattolica, come è avvenuto per i matrimoni civile tra coppie omosessuali. Di qui la ripresa della questione della presenza del crocifisso a scuola che è, per molti aspetti, un residuo del vecchio Concordato e che, per la verità, salvo casi estremi.

Non ha dato luogo a scontri  politici e ideologici vistosi. In realtà la questione reale è il superamento, in tutte le democrazie occidentali, della “Religione di Stato”, fenomeno che ben altri fanatismi, che da noi in occidente fanno ormai parte d’un remoto passato, sta risorgendo in alcuni stati islamici e che vedremo dilagare in Afghanistan nei prossimi mesi. Corretta ed equilibrata dunque la linea della nostra Corte Costituzionale   che punta sull’accordo sereno e di superamento dei contrasti. D’altro canto la fede religiosa è una spetto della libertà individuale: va rispettata e deve rispettare che non ce l’ha.