Giovanni Toti e il sogno del metro

di Paolo Lingua

4 min, 38 sec
Giovanni Toti e il sogno del metro

Il Governo e la assemblea delle regioni hanno varato la nuova distanza simbolica da applicare, grosso modo (poi in realtà è tutto da verificare), in bar, ristoranti, negozi di ogni genere e stabilimenti balneari. Non è chiarissimo: ma poi ogni regione potrà apportare piccole modifiche all’accordo. Ma il governo, nel caso di recrudescenza del corona-virus potrà rimettere in campo ristrettezze e divieti. Sembra, a quel che si raccoglie nei corridoi della regione Liguria, che il presidente Toti sia soddisfatto. Dall’inizio di aprile in poi ha annunciato e ritrattato proclami di aperture e di ripresa. Toti sperava di poter votare per il rinnovo della regione in luglio, in modo da prendere in contropiede un centrosinistra che ha difficoltà a fare sintesi su un candidato che vada bene a una coalizione che sta insieme a fatica. Sembra che abbia paura di tirarla troppo alle lunghe, perché potrebbe succedere qualcosa di negativo sulla gestione delle politica della Regione, dove spiccano, dalla sanità al turismo, gestioni commissariali. Toti sogna, molto probabilmente, un incarico supercommissariale per sé nella speranza di eguagliare il successo per la ricostruzione del ponte del suo collega e amico Marco Bucci, sindaco di Genova. Ma non è così semplice.

Una cosa è agire sul concreto, un’altra produrre slogan a mitraglia, con il, rischio di fare nel volgere di 24 ore marcia indietro: come è già successo. Ma ora che cosa accadrà, man mano che scatteranno le tappe annunciate dal governo? L’altro giorno un folto gruppo di operatori commerciali hanno portato le chiavi dei loro esercizi in regione per protesta. I rischi di chiusure definitive e di gestioni faticose sono concrete. Non tutte le promesse di finanziamenti e aiuti sono state mantenute. Molte banche sono restie a dare prestiti. Poi ci sono gli interrogativi inquietanti che coinvolgono in particolare bar, ristoranti e trattorie. E’ vero che rispetto alle distanze e ai limiti precauzionali imposti in un primo momento la regola del metro, prevalsa nelle ultime 24 ore, è considerata più accettabile, ma non risolve tutti i problemi. La diffidenza e le paure dei cittadini, a questo proposito, sono alte. Per quanto migliorate le imposizioni, il taglio delle recettività supera sempre il 50% del potenziale di lavoro. Ma soprattutto sarà pesante il calo di clienti la sera, per gli incontri familiari e di amicizia. Non saranno possibili tavolate, anche di numero contenuto. E poi. salvo alcuni casi eccezionali, i locali del capoluogo e delle Riviere, non sono di grandi dimensioni e la possibilità di espandersi all’aperto è limitata perché nel centro storico e in molti piccoli centri gli spazi sono limitati, sia nelle strade, sia nei vicoli, sia nelle piazzette. Non sono pochi quelli che hanno fatto capire di essere poco inclini a riaprire, con uno strascico di problematiche che riguardano i rifornimenti, il personale fisso e saltuario. Inoltre si deve capire che debbono essere attuati i criteri di disinfezione e di controllo. E’ sorto anche il problema dei condimenti sui tavoli (sale, pepe, salse, olio, aceto, ecc.) che dovranno essere disposti e organizzati in monoporzione. Ma ci saranno accorgimenti sanitari anche per acqua, vino, birra, ecc. Restano tutti i punti interrogativi per quel che riguarda la ripartenza turistica con in primo piano, in un territorio come la Liguria, la questione degli stabilimento balneari, per non parlare dei dubbi pesanti sulla gestione delle spiagge libere peraltro non molto estese per non dire esigue e quindi con difficoltà estreme per stabile le distanze e inoltre per la mancanza, per ora, di persnale di controllo per la vita in spiaggia e per gli accessi. Ci sono titolari che per riaprire vorrebbero avere un quadro delle prenotazioni e su come sistmare ombrelloni, sdraio e cabine. Le docce saranno all’aperto. E i servizi igienici, scarsi in tutti gli stabilimenti?

La situazione, al di là dell’ondata di ottimismo che dalla regione sembra inondare tutte le località di villeggiatura, non sembra chiara. Tanto è vero che anche da parte sindacale emergono dubbi ogni momento. Non basta la soddisfazione di chi, come il presidente della Regione, si ritiene soddisfatto di aver ottenuto il teorico accorciamento delle distanze. E uno dei suoi commissari, Pier Paolo Giampellegrini, esclude una campagna di promozione fuori dei confini italiani, puntando sulle regioni confinanti (Lombardia, Piemonte, Emilia, Val d’Aosta e persino l’area della Provenza) che però, non va dimenticato, sono quelle che hanno ancora oggi il record della presenza dell’infezione da corona-virus e che, per certi aspetti, presentano qualche preoccupazione.

Vedremo dopo il 18 maggio quante saranno le reali e funzionali riaperture. Anche perché la questione del distanziamento è molto relativa: c’è chi ne ha paura e chi invece conta di poterla scavalcare con raggruppamenti. Giovanni Toti, che sogna sempre le elezioni a luglio (ma giorno dopo giorno sempre più difficile per non dire impossibile), conta forse in una campagna elettorale basa sul metro come simbolo di vittoria. Potrebbe puntare a un gemellaggio con il museo di Sèvres vicino a Parigi dove è conservato il primo modello del metro come unità di misura, frutto d’una scelta illuminata della Rivoluzione Francese e portato in Italia da Napoleone alla fine del XVIII secolo. E’ una sbarra di platino-iridio, risultato d’un calcolo frazionato del meridiano che passa per Parigi. Tutti al voto con la sbarretta in mano per segnare la distanza? Ecco un’idea mediatica originale.