Carige, i commissari e lo scenario che verrà

di Redazione

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Il Punto di Paolo Lingua

Carige, i commissari e lo scenario che verrà
La Banca Carige ormai ci ha abituato da poco meno di cinque anni a colpi di teatro continui e mai gradevoli. Quando implose lo scandalo Berneschi e si afflosciò, come una castello di carte, quella che era considerata la superbanca ligure per eccellenza e lo scrigno di tutti i tesori di un territorio, tutti pensavano a un inciampo nella marcia e in una possibile ripresa. Ma la crisi e la relativa azione giudiziaria in realtà avevano alle spalle guai molto più grossi e “buchi” di bilancio, di gestione e di affari che erano probabilmente caverne. Una situazione che quattro consigli di amministrazione con altrettanti presidenti e ad non hanno evidentemente saputo mettere a posto, mentre ha preso i contorni sempre più netti un contrasto che s’è trascinato per tutti questi ultimi anni tra i vertici manageriali e l’azionista di riferimento, il gruppo Malacalza Investimenti che controlla il 27,55% del pacchetto azionario dell’istituto. Nuovo colpo di scena: i vertici e alcuni componenti del Consiglio d’amnistrazione, presidente Pietro Modiano e ad Fabio  Innocenzi in testa, si sono dimessi dopo una sorta di verifica semi-segreta con la Bce. Il consiglio è decaduto per statuto, ma la Bce ha nominato immediatamente Commissari Straordinari Modiano e Innocenzi cui ha affiancato Raffaele Lener. Questa “trimurti”, accanto all’azione d’un Comitato di Sorveglianza, in parole povere, dovrà mettere a punto il piano industriale (non ancora completato) e precisare i progetti di rilancio che ancora mancano. Postilla importante: si suggerisce di individuare una ipotesi concrea di “aggregazione”. In parole povere, secondo la Bce: datevi da fare per trovarvi un partner, o socio o acquirente che, magari, assorba la banca in una struttura più ampia e solida. A questo proposito circolava una voce in ambienti bancari intorno a un possibile interesse dell’Unicredit, ma è arrivata subito una secca  smentita. E adesso che fare? A Genova sono piovuti, per la verità un po’ fiacchi, consigli, sospiri, esortazioni e comunque sogni di ripresa e di fortuna che hanno accomunato le istituzioni, Comune e Regione in testa. I sindacati non hanno nascosto, come sempre, le loro preoccupazioni generiche e il Governo, informalmente, ha fatto sapere di seguire la vicenda. Poi c’è stata la lunga dichiarazione di Salvatore Maccarone, presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Ha colto un paragone colorito, invitando tutti i protagonisti (evidentemente commissari, dirigenti e azionisti) a trovare l’aggregazione, ma non si sa con chi e come, riflettendo che è bene “se un matrimonio s’ha da fare” lo si faccia presto e bene prima che “la sposa s’invecchia”. Molto maschilista e poco “politically correct”. Ovviamente il titolo per ora è stato bloccato in Borsa, mentre nel corso della giornata sono continuate a piovere, da tutte le parti politiche, dichiarazioni generiche e inviti ad agire bene. Ma l’aspetto più interessante è stato il serrato, se non duro, riserbo da parte del gruppo Malacalza ha scelto di non commentare. Silenzio anche da parte degli sconcertati azionisti minori. In teoria, anche per la loro stessa dichiarazione pubblica alla fine dell’Assemblea degli Azionisti il 22  dicembre scorso, i Malacalza hanno fatto sapere di non aver voluto approvare l’aumento di capitale che a loro sarebbe costato l’esborso di 120 milioni (che si sarebbero aggiunti ai 400 già versati precedentemente e in parte polverizzati dal crollo del titolo in Borsa), soprattutto perché nel progetto presentato dal Consiglio d’Amministrazione non erano stati precisati né indicati i criteri operativi del piano industriale non ancora completato. I vertici della Carige avevano spiegato di aver agito a chiedere l’aumento di capitale perché messi alle strette dalle istanze della Bce. Ma non c’era stato, neppure dopo un tentativo drammatico d’accordo nel corso dell’assemblea, nessuno spazio per una mediazione operativa. E’ indubbio però, e in molti oggi lo hanno sottolineato, che anche la gestione commissariale dovrà trovare un passo comune d’intesa con l’azionista di riferimento. E qui viene da chiedersi che gli intenti dei Malacalza siano soltanto limitati alla chiarezza delle scelte, oppure se invece pensano a una aggregazione eventuale di loro maggior gradimento e interesse. Questo è il mistero forse occulto nella calza della Befana.